Natale a New York nell’800

di Marcello Donativi
20 dicembre 2021

Natale a New York

No, non si tratta del titolo di un cinepanettone, ma di un estratto di Un italiano in America di Adolfo Rossi. L’autore, emigrato in America a fine XIX secolo, ha da poco trovato lavoro in una pasticceria e ci descrive l’atmosfera delle festività nella metropoli americana dell’epoca.

 
Provammo solo un principio di nostalgia e di tristezza verso la fine dell’anno, nella settimana di Natale. Come tutte le grandi città d’Europa, New-York offre in quei giorni un aspetto più animato del solito. Le strade e i marciapiedi si convertono in una esposizione di mercanzie d’ogni genere; le insegne si ficcano, s’arrampicano, dondolano dappertutto.

Alla sera le vie principali, illuminate dalla luce elettrica, sono affollate da migliaia e migliaia di persone che accorrono a vedere le vetrine delle botteghe. È uno spettacolo fantastico. Di sopra, una rete di fili telegrafici e telefonici, fra i quali spiccano i globi della luce elettrica; di sotto, una moltitudine cosmopolita; ai lati, magazzini e finestre risplendenti, riboccanti di stoffe, di giocattoli, di gioielli e di dolci.

Per attirar gli sguardi, i commercianti vanno a gara nell’adornare le loro vetrine nelle maniere più singolari e bizzarre. Certi fabbricanti di confetti mettono degli operai a fare i dolci proprio nella vetrina, con le casseruole fumanti, col fornello e con tutti gli ordigni deI mercanti di bambole e di giocattoli mettono in mostra tanti fantocci, tante carrozzelle, cavallini, spaducce, pulcinelli e automi, che fanno perdere la testa ai poveri bambini.

Per avere poi un’idea di quello che siano le feste, commercialmente parlando, bisogna visitare i mercati di Washington e Fulton; vedere quello che vi si smercia, e andare quindi agli uffici delle ferrovie, sezione merci, per assistere agli arrivi ed alle spedizioni.

Si tratta di gigantesche accumulazioni di regali che ritardano il servizio, che rendono in­sufficiente il personale e fanno mancare le vet­ture pubbliche e private. I trattori vi mettono dei cuochi in berretta e grembiule bianco che friggono ostriche e arrostiscono bistecche.

Macy, proprietario del popolare Paradiso delle signore, converte una delle sue immense vetrine in un teatro per i bambini; un’altra vetrina in Sixth Avenue diventa un panorama nel quale si svolgono vedute e paesaggi di tutto il mondo, grandi come sipari da teatro.

I mercanti di bambole e di giocattoli mettono in mostra tanti fantocci, tante carrozzelle, ca­vallini, spaducce, pulcinelli e automi, che fanno perdere la testa ai poveri bambini.

Per avere poi un’idea di quello che siano le feste, commercialmente parlando, bisogna visi­tare i mercati di Washington e Fulton; vedere quello che vi si smercia, e andare quindi agli uffici delle ferrovie, sezione merci, per assistere agli arrivi ed alle spedizioni.

Si tratta di gigantesche accumulazioni di re­gali che ritardano il servizio, che rendono in­sufficiente il personale e fanno mancare le vet­ture pubbliche e private.

Dopo i pranzi di famiglia, la nota predominante è la carità. Quasi tutte le case di commercio stanziano dei fondi perchè i poveri facciano un buon Natale. Ogni asilo di vecchi e di giovani, ogni orfanotrofio ha il suo albero ricco di doni, e il suo pranzo natalizio provveduto del tradizionale turkey, tacchino.

Una curiosa usanza americana è quella di salutare l’anno vecchio e quello nuovo con le campane.

L’ultima notte dell’anno, Broadway, la massima strada di New-York, offre da Chamber a Wall Sts, uno spettacolo curioso. Verso le undici, migliaia e migliaia di persone, fra cui moltissimi ragazzi armati di corni e di trombette, s’avviano verso la Trinity Church, la vecchia e ricchissima chiesa, per sentire a mezzanotte il concerto delle campane.

Prima di mezzanotte Broadway è zeppa di gente e di carrozze che giungono dalla città alta; è un’onda sterminata di popolo attirato là, intorno alla chiesa, dalla curiosità e dalla consuetudine.

E a mezzanotte le campane cominciano a suonare. È una musica bizzarra, solenne, che fa pensare. Quegli squilli sonori ed argentini, che danno un malinconico addio all’anno che muore e un timido benvenuto a quello che nasce, rimescolano nell’anima un mondo di ricordi e di speranze.

La sinfonia aerea sembra eseguita da un Quasimodo che si fa interprete dei sentimenti di quanti lo ascoltano. In quelle note di bronzo, le cui ondulazioni si odono fino alla baia, par di sentire voci di gioia e gemiti di stanchezza e stridule risate di sconforto e di spensieratezza. Sono proprio il preludio di un altro atto della grande commedia umana.

Quando suonano le campane, i ragazzi cessano involontariamente di soffiare nelle trombe, i mariti stringono il braccio delle mogli, gli amanti guardano negli occhi le loro fanciulle.

In quel momento solenne, in quel minuto primo dell’anno nuovo, l’uomo, animale socievole, sente il bisogno di non trovarsi isolato, prova più acuto il desiderio della famiglia, pensa ai parenti lontani.

(Adolfo Rossi, Un italiano in America, dal cap. XIV)

 

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